Michela Battaglia (1982) è un’ex giovane nata e cresciuta davanti al mare di Mondello (PA) tra morti ammazzati dalla Mafia e un’infanzia parallela.

«Una bella intelligenza, potrebbe fare di più».

Si amareggia davanti ai corsi e ricorsi storici, la mancanza di cura per i dettagli e l’apostrofo al posto dell’accento.

«Che lavoro fai?». Una volta avrebbe risposto: «La fotografa». Oggi annaspa: «Acrobata». «Vero?» «…ma ti pare?». In alternativa: «Di cosa ti occupi?» «Di fancazzismo». Fosse nata cartello pubblicitario oggi farebbe l’influncer o la content creator, ma non ha il physique du rôle neppure per essere direttrice marketing di se stessa.

È un’artigiana acrobata. Cerca di non perdere l’equilibrio e la dimensione tattile delle cose. Di mantenere il minimo alto. Dedica curiosità e serietà a indole e passioni. Maturità classica, laurea magistrale in filologia moderna (2008 Università degli Studi di Palermo), due master in fotografia (2009 Photography and Visual Design - NABA e FORMA Milano e 2014 Documentary Photography and Photojournalism One–Year Certificate Program NYC), due libri pubblicati (Storie di Mafia e Babel) e diverse esposizioni. Indaga i temi della memoria, dell’amore, della morte e della assenza declinati da diversi punti di vista.

Per sopravvivere, tra spirito di sconfitta e rari momenti di possibilismo, lavora in un call center, inbound, ma pur sempre un call center. Non le piace, ma le restituisce serenità e libertà creativa. Voleva fare la radio, si è trovata a parlare al telefono. Parafrasando le parole di un bambino: da “fotografista” a telefonista. Al fornitore di luce e gas non può dire «sì, però non c’è budget». E la libertà ha un prezzo che paga sempre con affetto. Rifugge dai social network, mantiene Twitter come fonte da consultare e si rifiuta di chiamarlo X.

Vive a Milano, nonostante non ci sia il mare.